“Non era nata con le scapole alate,
le crebbero lentamente.
Una piuma per ogni gesto di violenza,
una piuma per ogni foglia di tabacco,
una piuma per ogni vigna coltivata,
una piuma per ogni oliva mangiucchiata.”
Antonella Montagna
[brano tratto dalla poesia "Trasfigurazione" raccolta TransRebis di Antonella Montagna]
Della Foglia di Tabacco e dei Canti Tradizionali
Per il contributo di questo mese vanno i ringraziamenti ad Antonella Montagna, counsellor - coaching che svolge la sua attività a Cagliari - e che ha gentilmente concesso la pubblicazione di uno dei suoi racconti.
“C’erano tre sorelle, c’erano tre sorelle, Cecilia la più bella, Cecilia la più bella si mise a fare l’amore”…
Così cantava Adalgisa, nei pomeriggi d’agosto dove tutto s’arrestava, tranne le mani che cucivano le foglie di tabacco. Adalgisa, aveva tutto un repertorio di canti tradizionali, cunti, canti funebri di bambini morti tragicamente, come: “Antonella di Messina, fiori bianchi oggi per te…”, oppure raccontava/cantava di un suo cuginetto che era stato rapito da una suora che poi l’aveva portato a casa sua e seviziato per lunghi mesi. Raccontava che la suora tanto devota a Gesù, voleva che il bambino lo rappresentasse in carne ed ossa. Le unghie gliele strappava con l’acqua bollente, le piaghe fatte con un temperino, la pelle scorticata e quant’altro. Meno male che poi lo ritrovano i carabinieri, appeso ad un crocefisso, dentro l’armadio della camera da letto della suora, ma era già morto. Antonella di Messina, anche lei ha una sorte simile, nei canti di Adalgisa, tutti i bambini morivano male.
Cantare era d’obbligo e obbligo doveva essere per chi svolgeva questa funzione, la scelta dei canti, in assenza di consapevolezza, ma solo con la volontà di fare impressione, di tenere desto e di impaurire con l’orrore, il piccolo ascoltatore/lavoratore.
Adele e Gertrude, che di sorelle erano due, ascoltavano con la mente intorpidita dai contenuti delle storie, dal timbro lagnoso del canto, dalla posizione e dal ritmo che da ore, meccanicamente e tenacemente tenevano. Erano tutti seduti per terra, su vecchie camice o vecchi giubbotti, i grandi e i figli più furbi, riuscivano a prendere posto vicino alla parete, prezioso appoggio per la schiena, nelle lunghe e roventi ore di lavoro pomeridiano. Nell’androne di campagna, costruito affianco alla casetta degli attrezzi, erano distese verdi piramidi di foglie di tabacco in attesa di essere infilate ad una ad una o a piccoli mucchietti, dentro le cucelle comprate dalla zingara slava alla festa di San Rocco.
La nano fabbrica di tabacco era composta per lo più da bambini; di grandi c’erano solo la madre e Adalgisa. Il padre, dopo aver consegnato gli ordini: di sbrigarsi, di non addormentarsi, di tenere il ritmo levato poiché quando lui si fosse alzato, voleva trovare tutto infilato.
Andava a dormire nella ex stanza degli attrezzi che era diventata una rustica cucina e un’altrettanta rustica camera da letto. Il suo russare si mischiava ai canti di Adalgisa.
Due adulte e… Orione anni 8, Luigi anni 7, Tommaso anni 6, Tatiana anni 5, Gertrude anni 11, Adela anni 13, Amalia anni 15.
Decisamente i piccoli erano la maggioranza.
Appena finita la scuola a metà giugno, partivano per la campagna tutti insieme, trullallero trullallà… e lì rimanevano fino a ottobre, quando ricominciava la scuola e il riposo.
Questa piccola tribù, passava tutta l’estate ad inseguire la foglia di tabacco. La notte e il giorno si prendeva, la megera foglia. La mattina prima dell’alba andavano a raccoglierla e poi per tutto il giorno la infilavano e la infilavano, migliaia di gonne verdi appese al sole, facevano; l’odore e il biancore della pelle tratteneva, con quel grasso nero che lasciava, sulle mani, sui polsi sul petto di chi la cuciva come una collana, o come una minigonna brasiliana… la foglia di tabacco.
Meno male che c’era Adalgisa che cantava le canzoncine che poi tanto canzoncine non erano, ma occorreva una forte distrazione per tenere quel gruzzolo di anni di ciascuno, inchiodati lì, con gli occhi semichiusi e con l’anima assopita, nascosta all’udito, inorridito.
Quando le piramidi di foglie sciolte, divenivano collane, appese ad essiccare, le ultime due gonne verdi i due fratelli, Orione e Luigi, le indossavano. Prima aspettavano che Adalgisa si alzasse dal suo posto e interrompesse la sua funzione, di terrorizzare con le canzoni, poi accendevano la radiolina e con un guizzo d’energia, con quella poca che gli era rimasta dopo tanto estenuante ascoltare e cucire: Ballavano.
Col torso nudo e scuro, con le mani nere e la pancia incavata dalla prolungata posizione curva, ballavano i piccoli, davano spettacolo, generosi si muovevano, con la musica dei Righeira. Sulle note di "Vamos alla Playa oh, oh, oh!!!" saltavano, s’agitavano con la gonna di foglie verdi svolazzavano, Luigi imitava il cantante con il microfono in mano, mentre Orione suonava la chitarra, con la gonna che ogni tanto gli cadeva provocando sorrisi sui musi duri degli spettatori, il riso di Pan, preziosità!
Gertrude e Adele, s’erano fermate anche loro a guardare la scenetta, una grugniva, l’altra rideva.
Antonella Montagna
Antonella Montagna è una pedagogista che ha svolto la sua professione presso centri specializzati per il recupero educativo di ragazzi “difficili”. Prima di essere un'educatrice nasce come Poeta che esprime il suo lirismo anche nei racconti, i quali emanano sensazioni e armonie tangibili.
Sono racconti che si "vedono" mentre si leggono.
Antonella Montagna opera e vive a Cagliari ed ha pubblicato diverse raccolte di poesie:
“Incauto In..Canto” - Editrice “Il Filo” Roma;
"TransRebis. Poesia di NudaLuce" – gruppo editoriale l'Espresso – Roma;
"Trucchi Esistenziali. Per essere ciò che siamo" – ed. Magnanelli