Il Pianeta dello Sforzo Penoso

l’economia della vita e il grande lavoro

Sisifo fu condannato a rimanere incatenato ad un masso enorme: per l’eternità lo trascinava in cima al monte, per l’eternità questo rotolava giù e doveva essere riportato in cima. Simbolo di un’Umanità inchiodata alla materia e ai suoi cicli, Sisifo ne rappresenta anche tutta la fatica e la sofferenza, ma non l’utilità.

Forse ai tempi dei Greci, in cui tutto era in mano agli dei e ai loro capricci, non era venuto in mente a nessuno che tutto ciò che esiste è soggetto alla Legge di Economia e che, di conseguenza,tutto ciò che accade deve essere utile.

 

In realtà, questo piccolo pianeta che, in "Alto Loco", chiamano appunto, “dello Sforzo Penoso”, svolge con la sua umanità un “Grande Lavoro” per l’Economia della Vita: quale fucina di Vulcano, con volontà e determinazione, anche se per lo più ancora inconsce, trasforma il piombo in oro da riportare agli dei.

Tutto sulla Terra è pesante, tutto doloroso.

Questo grande laboratorio sgrezza, raffina, trasforma e alleggerisce, rende sottile e luminoso quel che sottile e luminoso non è. Il suo agente principale, oltre agli altri regni, è l’umanità stessa.

Ogni essere umano è nel contempo operatore, ruota motrice, mola e materiale da lavorare: ogni giro si fa sulla propria pelle.

Ci sono esistenze in cui la sofferenza quotidiana è insopportabile. La ruota gira a fatica perché il materiale da trasformare è terribilmente grezzo o pesante. L’attrito, il dolore, è tale che una nube oscura attutisce la sensibilità.

 

In molti casi questa è contemporaneamente salvezza e unica possibilità di riuscita: la Legge di Economia provvede, poiché la sensibilità è proprio l’elemento che permette la purificazione della materia: questa porta alla coscienza l’esperienza, così per ogni essere viene dosata ergonomicamente in modo da mantenersi efficiente ed economica dal punto di vista della spesa energetica sia dell’Anima dell’uomo che della Natura.

 

A volte ci sono degli errori, forse, e qualcuno non regge. A questi caduti della sofferenza rivolgiamo il nostro pensiero di compassione e il nostro augurio per percorsi più consapevoli in futuro. Non può essere diversamente, d’altronde.

 

Nei tempi attuali in cui è presente l’impulso alla risalita verso regni più spirituali, la fatica si sente e sembra che il “masso” sia in caduta anziché in risalita e che noi siamo trascinati verso l’abisso. Ma, se per molti è ancora così, non lo è per tutti: a scendere non si fa fatica se ci si lascia andare.

Chi sente la fatica è perché tenta la risalita nell'ottica e nell’espletamento del “Grande Lavoro”.

 

Rossella Cau