Storie di Santi, demoni e fantasmi

leggende della Cornovaglia

Tregeagle

di Ruth Manning-Sanders

C'era una volta un fattore infedele chiamato Tregeagle, che si era arricchito con il denaro altrui.

Tregeagle aveva fatto molte cose disonorevoli che in un libro intero non ci sarebbe spazio per raccontarle tutte.

Ma, come per tutti, un giorno arrivò la sua fine e nessuno si dispiacque quando venne sepolto.

          C'era stato un ricco signore che aveva preso Tregeagle alle sue dipendenza come amministratore assegnandogli il compito di riscuotere i suoi affitti. Dopo la morte del suo amministratore, il ricco signore si accorse che uno dei suoi inquilini per molti anni non aveva pagato quanto dovuto. Il fittavolo disse di aver versato il denaro a Tregeagle, ma non poteva dimostrarlo, perché Tregeagle non gli aveva dato alcuna ricevuta.

             Per risolvere la questione proprietario e inquilino si rivolsero agli avvocati che però non riuscirono neanche loro ad accordarsi su alcun punto, continuando a discutere sul fatto che l'affitto fosse stato pagato o meno, finchè non si presentarono davanti al giudice e alla giuria.

Così tutti riuniti nella corte, il giudice con sua parrucca e la toga, gli avvocati nei loro parrucche e le toghe, i giurati nella loro postazione.

Ma quando un uomo dice di aver versato il denaro dovuto e l'altro uomo asserisce di non averlo ricevuto, come si può giudicare? Come i giurati potevano stabilire a chi ha ragione e chi ha torto?

            L'inquilino affermava di aver versato il denaro a Tregeagle, e continuava ad insistere sulla sua versione fino a quando il padrone, perdendo la pazienza, balzò in piedi e gridò: "Bene, se Tregeagle ha ricevuto il denaro, desidero che Tregeagle venga qui a deporre!" 

Appena pronunciate queste parole il pavimento si aprì e Tregeagle apparve davanti alla corte alzandosi col suo sudario coperto di terra.

Alcune persone gridarono, altre corsero via terrorizzate, altre ancora svennero.

Anche i giurati saltarono fuori dalla loro postazione e fuggirono. Gli avvocati si nascosero il volto fra le mani, il proprietario e l'inquilino gemevano ed erano scossi da brividi di paura ed anche il giudice tremava, e tenendosi ancorato ai braccioli della sua sedia sussurrò: "Tregeagle, in nome del cielo, dicci la verità! "

"Non posso più dare falsa testimonianza" – disse il fantasma con una voce che risuonò come una eco che arrivava dal profondo di una caverna.

'Il denaro è stato versato a ed io l'ho speso".

A questo punto non c'era bisogno di nessun'altra prova. Il denaro era sparito!

          In gran fretta il giudice dichiarò chiuso il caso, poi alzandosi e raccogliendo le sue vesti, si apprestò ad uscire velocemente dall'aula allontanandosi nel più breve tempo possibile, intimando a Tregeagle di tornare da dove era venuto.

Tregeagle non si mosse.

"Vada! Vada! " – disse il giudice – "il caso è chiuso".

Ancora Tregeagle non si mosse.

Gli avvocati erano andati via, il proprietario e l'inquilino erano andati anche loro. Non c'era nessuno in tribunale, era rimasto solo il giudice in piedi sul palco e Tregeagle, immobile come una statua, in piedi di fornte a lui.

Il giudice parlò ancora una volta, quindi, dal momento che Tregeagle non si mosse, il giudice raccolse le sue carte e si allontanò velocemente dall'aula.

Il giorno dopo Tregeagle era ancora in piedi nella stessa posizione. Se ne stava lì, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana; perché in tutta quell'area, nel terreno sotto la corte e nell'aria sopra di essa, i demoni erano in attesa di strappare questo spirito malvagio e trascinarlo all'inferno nel momento in cui si sarebbe mosso da quel luogo dove era stato convocato.

I demoni gridavano, battevano alle porte, facevano un fracasso che giungeva da sotto il pavimento, emettevano forti sibili sopra il tetto e terrorizzavano tutti in città, tanto che la gente non osava mettere il naso fuori dalle case e tutte le attività erano ormai bloccate.

Bisogna sapere che a quei tempi in Cornovaglia c'era un gran numero di santi e non si può essere santi se non si è coraggiosi; essi non avevano la minima paura dei demoni.

Così, quando si accorsero del malessere degli abitanti, uscirono dalle loro celle e cappelle e apparvero con sembianze fisiche passando sopra la folla dei demoni che erano fastidiosi come gatti selvaggi.

I santi avanzarono nel cortile e circondarono Tregeagle con un cerchio di luce conducendolo fuori e attraverso la città e lontano dagli acquitrini.

I demoni li seguirono ululando di rabbia, ma non osavano entrare dentro il cerchio di luce, e così non poterono prelevare Tregeagle.

 

In alto, nella brughiera c'era una profonda pozza scura chiamata Dosmery, e al bordo di questa pozza i santi portarono Tregeagle e lì si fermarono.

"Ti daremo un compito, Tregeagle" – disse San Probo che era il loro portavoce.

"Questo pozzo è senza fondo, e il tuo compito è quello di svuotare le sue acque con un guscio patella forata. Fintanto che svolgerai questo lavoro con costanza i demoni non possono toccarti, ma non appena farai anche solo una breve pausa, ti sequestreranno e trascineranno giù all'inferno. Il lavoro incessante è la tua penitenza per tutti i peccati che hai commesso nella vita. Ma in età dopo età, quando il mondo volgerà alla fine, la penitenza sarà finita, e potrai riposare in pace".

E consegnò il guscio di patella forato in mano a Tregeagle.

I santi andarono via e Tregeagle iniziò il suo lavoro, e i demoni si disposero in attesa intorno al pozzo.

Giorno dopo giorno, al buio e alla luce, in tempesta e nel sole, Tregeagle restò curvo sul suo lavoro. Mentre sollevava il guscio della patella, attraverso il foro usciva l'acqua e non riusciva a togliere dal pozzo una sola goccia per far diminuire il suo livello.

I demoni si affollarono vicino a lui, gli ridevano in faccia e lo insultavano. Tregeagle rabbrividiva e gemeva, ma continuò senza fermarsi.

Poi i diavoli resero l'aria talmente secca da provocare un vapore cocente che saliva dalla terra e avvolgeva Tregeagle che si indeboliva per il calore, ma lui continuava imperterrito.

Poi i demoni chiamarono nubi cariche di pioggia nera che batteva senza sosta per quaranta giorni e quaranta notti sulla testa di Tregeagle, ma ancora lui continuava.

Poi i demoni chiamarono tuoni, fulmini, grandine, un terremoto, una potente tempesta di vento; palle di fuoco caddero sibilanti, il terreno si sollevò sotto i piedi di Tregeagle, l'acqua della piscina bolliva e ribolliva, fulmini si arrotolavano intorno a lui come serpenti di fuoco, chicchi di grandine grossi come noci battevano sulla schiena.

Tregeagle urlò e strillò, ma continuò.

Dalla terra spaccata saltarono fuori legioni di nuovi demoni, tutti belli freschi dall'inferno.

Tregeagle non ce la fece più! Gettò il guscio di patella e fuggì, fuggì urlando con tutti i demoni alle calcagna.

La grandine cadeva, i fulmini dividevano le nuvole, i tuoni scuotevano l'aria e durante l'inseguimento il bagliore dei lampi illuminava il volto agonizzante di Tregeagle e le facce orribili dei demoni coi i loro arti e le lunghe ombre. Un attimo dopo tutto terminò e si sentirono solo le urla di Tregeagle e le risate e i le urla degli inseguitori.

 

Quella notte, in una cappella che si ergeva su una roccia alta nel mezzo di un appezzamento, un eremita stava pregando. Tregeagle vide la luce splendente dalla finestra cappella, e corse verso di essa.

Era un santuario.   

Ah, se avesse potuto raggiungerlo!

Con un grande balzo si precipitò verso la roccia e infilò la testa attraverso la finestra. Ma la finestra era troppo piccola e non riusciva a far passare il suo corpo e i demoni lo afferrarono per le gambe e tiravano, tiravano.

Tregeagle aggrappato alle sbarre della finestra urlò di dolore, perché sebbene la sua testa fosse al sicuro, gli artigli dei demoni conficcate nelle sue gambe erano come pinze roventi.

L'eremita alzò gli occhi, vide il volto terribile fissando giù verso di lui, e pregò a voce più alta.

Giorno dopo giorno l'eremita pregava senza fermarsi, Tregeagle ululava e si contorceva, e i demoni riempivano l'aria con le loro urla.

L'eremita non poteva né mangiare né dormire, si stava consumando fin quasi alla morte.

 

I santi, sentito ciò che stava avvenendo, intervennero obbligando i demoni a mollare la presa. Portarono Tregeagle nella costa settentrionale della Cornovaglia e gli diedero un nuovo compito.

Lo misero alla foce di un fiume e gli ordinarono di fare un riparo di sabbia.

         Tregeagle raccolse la sabbia in cumuli, ma il mare li disfava fino a quando, resosi conto che non poteva svolgere il suo compito, cominciò ad urlare e delirare.

In quei pressi c'era un villaggio di pescatori e le urla di Tregeagle erano così forti che nessuno poteva dormire. Giorno e notte i lamenti erano continui finchè tutte le persone fuggirono. Andarono da San Petroc, che viveva nelle vicinanze, e lo supplicarono di allontanare Tregeagle.

San Petroc ebbe pietà di loro. Costruì una potente catena di cui ogni maglia era una preghiera, e con questa catena legò Tregeagle e lo portò in una baia sulla costa meridionale della Cornovaglia. 

Disse a Tregeagle: "Ti assegno un altro compito. Prendi questo sacco e riempirlo con la sabbia, portarla al promontorio nella prossima baia, lì la svuoterai e poi torni per riempirlo di nuovo. Prosegui fino a quando la baia sarà ripulita dalla sabbia e si vedranno le rocce. Finché il lavoro sarà costante, i demoni non potranno toccarti. Quindi lavora senza sosta età dopo età, quando il mondo volgerà alla fine, il tuo compito sarà compiuto e tu potrai riposare in pace".

San Petroc dette il sacco a Tregeagle e lo lasciò.

Tregeagle cominciò a riempire il sacco mentre i demoni si misero vicino, lo guardavano e lo deridono.

Tregeagle raccolse la sabbia e quando il sacco fù pieno lo sollevò e lo caricò sulle spalle, attraversò il guado dirigendosi verso il promontorio della baia successiva e rovesciò la sabbia. Ma prima che formare il primo cumulo, la marea lo spazzò via.

Tregeagle sapeva che il suo compito era infinito e senza speranza e dopo un pò, ancora una volta cominciò ad urlare e dare in escandescenze. Gridava così forte e così a lungo che lo udirono per miglia intorno, e non c'era riposo né pace per nessuno.

Il popolo mandò messaggeri a tutti i santi del quartiere, pregandoli di liberarli dagli ululati di Tregeagle.

Vennero San Erth, Sant'Ilario e San Ludgvan e, calmato Tregeagle con incantesimi, lo portarono a End Land.

Giunti in questa località, gli diedero una scopa e gli ordinarono di spazzare la sabbia intorno alle scogliere che andavano da una baia a sud fino alle scogliere di una baia a nord.

E lì, mentre i giganti che abitano i castelli di roccia guardavano con stupore, le streghe turbinavano nel vento sopra la sua testa e i demoni facevano baccano in attesa di balzargli addosso, Tregeagle spazzava e spazzava e spazzava.

Ma mai la sabbia seguiva la sua scopa, e così di giorno in giorno egli sta spazzando ancora oggi.

 

A volte, nelle notti buie, di fronte alle coste della Cornovaglia, quando infuriano le tempeste, nella sua disperazione Tregeagle butta la sua scopa e fugge urlando di terrore mentre i demoni lo rincorrono urlanti standogli alle calcagna.

In queste notti le persone sagge chiudono le tende, accendono le luci, attizzano il fuoco che fanno ardere tutta la notte scaldando la casa... Perchè è nell'oscurità che si sentono, al di sopra del vento, le sue urla sopra il ruggito del mare.